Con il termine di ischemia miocardica si intende la sofferenza di una parte del cuore a causa di un ridotto afflusso di sangue, solitamente dovuto al restringimento (“stenosi”) di una coronaria affetta da aterosclerosi. La ricerca di ischemia miocardica è un momento fondamentale nel percorso diagnostico dei pazienti con dolore toracico e sospetta malattia coronarica. La malattia può essere sospettata clinicamente da un cardiologo quando i sintomi sono caratteristici, ma, prima di essere indirizzato ad un trattamento invasivo, al paziente vengono solitamente consigliati uno o più test per misurare il suo profilo di rischio cardiovascolare e per confermare l'ipotesi di malattia coronarica.
Il più semplice di questi test per la ricerca di ischemia è la prova da sforzo, ma quando questa non è risolutiva, o quando il paziente per vari motivi non riesce ad effettuare un esercizio fisico adeguato, si ricorre agli esami cosiddetti “di secondo livello”.
Il principale fra questi, tuttora valido ed ampiamente utilizzato, è la scintigrafia miocardica.
Essa e stata per anni l'unica possibilità di indagare il flusso del sangue nel cuore: in pratica non studia l'anatomia delle coronarie, ma la loro funzione confrontando un'acquisizione durante stress, fisico o farmacologico, con un'acquisizione a riposo, per ricercare durante lo “stress” la presenza di aree di sofferenza cardiaca. La presenza alla scintigrafia di ischemia miocardica, se di entità rilevante (> 10% della massa del cuore), e una chiara indicazione ad intervenire sulle coronarie, ed in caso contrario la prognosi del paziente e sfavorevole: un esame, quindi, che può cambiare la vita di una persona. Alla scintigrafia si è affiancata negli ultimi anni la TAC delle coronarie, molto utile in tutti quei casi in cui il cardiologo sospetta di non trovarsi in presenza di malattia coronarica avanzata: un esame, quindi, che andrebbe riservato ai pazienti con un profilo di rischio cardiovascolare medio-basso, generalmente più giovani.
A fronte di informazioni clinicamente utili o molto utili, questi esami richiedono un ampio utilizzo di radiazioni ionizzanti, con una dose pari a quella erogata da centinaia di radiografie del torace. Va da se che in pazienti che devono sottoporsi a esami ricorrenti -e la malattia delle coronarie è una malattia cronica - un programma di esposizioni periodiche a tali dosi include un rischio di malattie indotte dalle radiazioni utilizzate nel processo diagnostico. Proprio per questo motivo la medicina degli ultimi anni ha affinato gli sforzi per ottenere le informazioni necessarie con un sempre minore uso di raggi X. La risonanza magnetica permette (al contrario delle metodiche che usano radiazioni ionizzanti) di descrivere la materia senza alterarla, ma solo modificando per alcuni millisecondi le sue proprietà magnetiche grazie all'applicazione di particolari onde radio. Le applicazioni cardiache della risonanza sono riuscite ormai da anni a fornire immagini di perfusione analogamente a quanto può fare la scintigrafia, superando gli ostacoli della risoluzione temporale (il cuore si muove in continuazione), e con una risoluzione spaziale circa 10 volte maggiore di quella che la fisica permette agli esami di scintigrafia miocardica.
A parità di informazioni cliniche, oltre all'assenza di radiazioni che da sola giustifica lo sforzo di implementare questa nuova metodica, fra gli indubbi vantaggi della Risonanza Magnetica da Stress vi sono:
- la durata dell'esame: una stress RM dura circa un'ora, mentre la scintigrafia occupa un'intera giornata del paziente;
- la sicurezza del farmaco utilizzato, l'adenosina, che richiede come unica precauzione di non assumere caffeina nelle 12 ore precedenti l'esame;
- la possibilità di caratterizzare la funzione e la struttura del cuore con una precisione che e di rifermento per le altre metodiche.