La Cassazione civile, discostandosi in parte dalla giurisprudenza penale in materia, afferma che il coordinatore per la sicurezza ha l’obbligo di recarsi sul cantiere a verificare di persona ciò che concretamente succede e non possa, viceversa, limitarsi a funzioni di alta vigilanza di carattere puramente documentale.
Il caso riguarda l’infortunio di un lavoratore, avvenuto durante l’esecuzione di lavori in appalto, a seguito del quale venne rinviato a giudizio il legale rappresentante della società committente, accusato di essere responsabile dell’infortunio per non aver effettuato la nomina del coordinatore per la progettazione, non aver effettuato la nomina del coordinatore per l’esecuzione dei lavori e non aver notificato alla locale Asl e alla locale direzione provinciale del lavoro l’inizio dei lavori. L’imputato, condannato in primo grado, venne assolto in appello per difetto del nesso di causa fra le contestate omissioni e le lesioni patite dal lavoratore. Tuttavia, la Quarta Sezione penale di cassazione, adita dalla sola parte civile, cassò la sentenza, ritenendola non adeguatamente motivata nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del nesso causale tra le omissioni del committente e l’infortunio verificatosi, e rinviò la causa alla competente Corte d’appello per nuova valutazione. Riassunta la causa, la Corte d’appello, per la seconda volta rigettò la domanda adottando una motivazione così riassumibile: 1) la colpa del committente consiste nel non aver nominato il coordinatore per l’esecuzione dei lavori; 2) il coordinatore per l’esecuzione dei lavori non ha l’obbligo di essere presente quotidianamente sul cantiere, né quello di vigilare di persona e de die in diem il rispetto delle prescrizioni di sicurezza da parte dell’impresa appaltatrice; ha solo il compito di prevenire i rischi “generici ed interferenziali”, cioè quelli derivanti dall’ambiente di lavoro e dalle interferenze fra le lavorazioni eseguite nel medesimo contesto spaziale da più imprese appaltatrici; 3) nel caso di specie la caduta dell’infortunato non era avvenuta a causa dell’interferenza delle lavorazioni eseguite dalla ditta appaltante con quelle di altra impresa; 4) di conseguenza, anche se il committente avesse nominato il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, tale condotta “con molta probabilità” non avrebbe evitato l’infortunio.
Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, affermando, fra l’altro, la Corte d’appello avesse falsamente applicato la normativa di settore, escludendo che il coordinatore per l’esecuzione abbia l’obbligo di controllare il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte dell’impresa appaltatrice.
La Terza Sezione della Cassazione civile, con sentenza n. 25738 del 4 settembre 2023, ha accolto il ricorso, ritenendo che «[…] Il blocco normativo appena riassunto impedisce di concludere che il coordinatore per la sicurezza abbia solo funzioni di “alta vigilanza”: sia qualcuno, insomma, che metta delle firme in calce a documenti, invece di recarsi sul cantiere a verificare che succede. […] Appare arduo, infatti, immaginare come si possano prevenire “pericoli imminenti”, oppure adottare le “opportune azioni di controllo”, od ancora verificare la “corretta applicazione delle procedure di lavoro”, se non per mezzo d’un controllo diretto e de visu. Reputa doveroso il Collegio aggiungere che la diversa opinione adottata da varie decisioni pronunciate dalle Sezioni penali di questa Corte, quale che ne sia la condivisibilità ai fini dell’accertamento dei fatti-reato, non può condividersi quando si tratti di accertare gli elementi costitutivi dell’illecito civile. […[ la colpa civile (quale che sia l’opzione teorica cui si volesse aderire circa la sua essenza) reca necessariamente in sé l’idea della “devianza”: è colposa la condotta che diverga da una norma di legge, da un precetto giuridico, da una regola di comune prudenza. La colpa, insomma, consiste in uno iato tra la condotta tenuta e quella che si sarebbe dovuta tenere. Tra le condotte che il coordinatore per la sicurezza deve tenere, ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5 nonché ai sensi dell’art. 6 Direttiva 92/57/CEE, c’è l’esecuzione di “opportune azioni di controllo”. La legge dunque non parla di “atti di controllo”; ma di “azioni di controllo” (e reputa questa Corte superfluo soffermarsi sulla distinzione tra “atti” ed “azioni”, attesa la sua notorietà nel mondo del diritto civile). Se dunque è obbligo del coordinatore per la sicurezza eseguire “azioni di controllo”, ciò vuol dire che egli non può limitarsi ad un mero controllo cartolare, e non è dunque condivisibile l’opinione secondo cui “il coordinatore (per l’esecuzione dei lavori) procede per atti formali”, e cioè unicamente mediante controlli cartacei. […]».