Ne parliamo con la dott.ssa Elena Mandorino, psicologa CDI
Al termine della pausa estiva, per la maggior parte delle persone è difficile tornare al lavoro. La straordinaria sensazione di non dover impostare la sveglia, di avere tutto il giorno per sé e il gusto della deliziosa colazione possono sembrare lontani ricordi!
Le vacanze sono finite e ora abbiamo un nuovo anno lavorativo da inaugurare. Non ci si dovrebbe sentire ispirati e carichi di ricominciare? Forse no!
Anche se amiamo il nostro lavoro, per la maggior parte di noi non è sempre semplice riprendere la routine lavorativa. Tanto che alcuni pensieri al riguardo potrebbero insinuarsi già negli ultimi giorni di vacanze. Si potrebbe iniziare a prefigurare il mucchio di lavoro che ci aspetta, contaminando le ultime ore di libertà dal lavoro.
Altre persone, invece, si sentono incredibilmente rigenerate. Raggiungono l’ufficio con passo scattante, col sorriso sul viso e, sentendosi pronti a tutto, aprono la propria casella di posta.
Subito appaiono centinaia, se non migliaia, di email senza risposta. Improvvisamente, la calma inizia a svanire e la pressione sanguigna inizia a salire. Tutto inizia ad accumularsi e ci si sente disorientati e come se si fosse indietro anni luce. Eppure, sono trascorse solo un paio d’ore dall’arrivo in ufficio.
Ed ecco che tristezza, stress e fatica a concentrarsi possono prendere il sopravvento. Si tratta della cosiddetta sindrome da rientro, detta anche back-to-work blues, ovvero una naturale difficoltà di adattamento. Ciò può manifestarsi perché il nostro corpo e la nostra mente, dopo un periodo medio-lungo di riposo, divertimento e relax, faticano naturalmente a riabituarsi ai ritmi abituali.
Come si può rendere la transizione più agevole?
Per aiutare a mantenere i benefici tonificanti della pausa estiva, potrebbe essere utile prendersi del tempo (1 o 2 giorni) dopo il ritorno a casa, prima di iniziare a lavorare.
Anche limitare meeting durante la prima settimana di ritorno può facilitare questa fase di transizione alla consueta realtà lavorativa. Infine, è fondamentale mantenere preservato un atteggiamento di cura di sé: avere cura di sé aiuta a non dimenticare che ognuno di noi è una persona con le proprie necessità e bisogni unici, e aiuta anche a riconoscerli, rispettarli e dare loro il giusto valore.
I nostri antenati avevano un innato senso della salvaguardia di sé, in quanto dovevano auto-proteggersi da molti pericoli esterni come i predatori e l’ambiente. È da quegli antenati che derivano i nostri due importanti sistemi nervosi complementari: il sistema parasimpatico e quello simpatico. Il primo entra in gioco quando siamo rilassati, mentre il secondo quando ci troviamo in situazioni di stress (eventi significativamente pericolosi, l’ambiente lavorativo o la vita privata).
In sintesi, il sistema simpatico tiene l’organismo in situazione di “attacco”, facendo consumare molta energia all’organismo attraverso una serie di effetti (accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, sudorazione, contrazione muscolare, inibizione dell’attività gastrointestinale). I mediatori chimici di queste risposte vegetative sono la noradrenalina, l’adrenalina e il cortisolo, i quali fluiscono molto più lentamente e durano per periodi più lunghi. Quando si riscontra un disequilibrio tra il sistema simpatico e quello parasimpatico vi è spesso uno stato di stress.
Ecco perché psicologi ed esperti ritengono possano essere sufficienti anche 20-30 minuti al giorno ad una totale immersione in sé stessi – per la cura del corpo – svolgere hobby e sport che ci piacciono, per riflettere su di noi. L’importante è praticarla!