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Responsabilità da infortunio: l’applicazione del modello collaborativo

La Cassazione penale ribalta la sentenza di condanna di un datore di lavoro, un produttore e un R.S.P.P. ribadendo l’obsolescenza del modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, e richiamando alla corretta applicazione dell’attuale modello “collaborativo”, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori.

Il caso riguarda l’infortunio di un operaio che aveva introdotto una mano nella zona di lavoro di un tornio quando ancora gli organi erano in movimento, fratturandosi il dito mignolo: il lavoratore, al fine di arrestare la macchina, aveva azionato la leva di frizione anziché il freno a pedale, con la conseguenza che la rotazione non si era immediatamente interrotta ma aveva continuato per inerzia ancora per qualche secondo, causando l’infortunio. A seguito di tale evento il datore di lavoro, il legale rappresentante della ditta produttrice del tornio e l’R.S.P.P. erano stati condannati, sia in primo che in secondo grado,  per il reato di lesioni colpose con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, sulla base di una valutazione secondo la quale la presenza di un idoneo schermo protettivo avrebbe potuto evitare l’infortunio.

Il datore di lavoro, il legale rappresentante della ditta produttrice del tornio e l’R.S.P.P.  hanno proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che il tornio fosse provvisto di idonea certificazione CE e conforme alla norma di riferimento UNI EN 12840/2003, e che il lavoratore, pur essendo soggetto esperto e ben informato sul funzionamento della macchina, invece di azionare il freno per arrestare l’azione del tornio, avesse optato per una serie di manovre illogiche, vietate e macchinose.

La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 836 del 13 gennaio 2022, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, affermando che: «Le argomentazioni su cui si fonda la responsabilità dei prevenuti non hanno adeguatamente valutato la circostanza che il tornio era dotato di un apposito dispositivo di protezione, in relazione alla fase lavorativa nel corso del quale è avvenuto l’infortunio, costituito dal pedale del freno: azionandolo, il mandrino si sarebbe fermato, consentendo all’operaio di prelevare il pezzo senza problemi. La regola cautelare dello schermo “protettivo” è stata ricavata ex post ed in maniera congetturale dai giudici di merito, senza una effettiva analisi dell’utilità e percorribilità in concreto di una simile soluzione alla luce delle modalità di funzionamento del macchinario e, soprattutto, della fase di lavorazione in cui si è verificato l’infortunio. […] In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo avere effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore (Sez. 4, n. 8883 del 10/02/2016, 266073-01; in motivazione la Corte di cassazione ha precisato che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori)».

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