La Cassazione Penale ha stabilito che i giudici di merito, prima di condannare una società ai sensi del D.Lgs. 231/2001, devono accertare preliminarmente l’esistenza, la conformità e l’effettiva attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dalla norma.
Il caso riguarda la morte per infortunio sul lavoro di un operaio che, durante i lavori di ristrutturazione di un edificio, era rimasto schiacciato da un macchinario edile a seguito del cedimento della pavimentazione. La responsabilità dell’accaduto era stata addebitata, sia in primo grado che in appello, all’amministratore unico di una delle società appaltatrici e al capocantiere preposto, per il non aver fornito ai lavoratori una specifica informativa sull’esistenza di rischi e sulle modalità di prevenzione degli stessi, oltre che nella mancata predisposizione di mezzi idonei a prevenire i rischi e nel non avere esercitato la necessaria vigilanza, al fine di assicurare l’osservanza delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori. La società era stata inoltre riconosciuta responsabile, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, per non avere operato tempestivamente ed efficacemente per prevenire la commissione del reato di omicidio colposo e, di conseguenza, condannata a sanzione amministrativa.
La società condannata ha proposto ricorso per Cassazione obiettando, fra l’altro, di aver dimostrato l’esistenza di un modello di organizzazione, gestione e controllo (M.O.G.C.), ai sensi del D.Lgs. 231/2001, adottato dal consiglio di amministrazione prima dei fatti, e di aver nominato un organismo di vigilanza (O.V.) che aveva svolto correttamente il proprio compito di verificare la corretta applicazione del modello richiamato. Tali elementi sarebbero stati ignorati sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.
La Quarta Sezione della Cassazione Penale, con sentenza n. 43656 del 28 ottobre 2019, ha annullato la condanna, con rinvio, sottolineando che “risulta del tutto omessa nelle sentenze di merito la valutazione sul contenuto e sulla idoneità del modello organizzativo, tema che pure la difesa aveva seriamente posto con l’atto di appello e con la memoria successiva, rinvenendosi soltanto considerazioni circa il P.O.S., che è cosa diversa. In altre parole, i giudici di merito hanno svolto l’equazione “responsabilità penale della persona fisica datore di lavoro / preposto = responsabilità amministrativa dell’ente”, trascurando l’articolata disciplina posta dal d. lgs. n. 231 del 2001. Appare, pertanto, opportuno puntualizzare il seguente principio di diritto, cui si atterrà il giudice del rinvio: “In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l’esistenza di un modello organizzativo e di gestione ex art. 6 del d. lgs. n. 231 del 2001; poi, nell’evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto””.