Quali sono i sistemi di fissaggio nella chirurgia dell’ernia inguinale? Il dr. Federico Callioni, Responsabile Chirurgia CDI, ci illustra quelli più innovativi
L’intervento di correzione dell’ernia inguinale è una delle più frequenti operazioni eseguite al mondo, con più di 20 milioni di pazienti trattati annualmente. Il rischio di sviluppare un’ernia inguinale nel corso della vita è del 27-43% per gli uomini e del 3-6% per le donne. Nonostante tutti i progressi medico-chirurgici, circa il 4% dei pazienti sviluppa una recidiva dopo intervento di correzione di ernia inguinale e il 10-12% presenta un dolore inguinale cronico postoperatorio.
Indipendentemente dal tipo di approccio (open o laparoscopico/robotico) la maggioranza degli interventi di correzione di ernia inguinale nel mondo sono eseguiti con posizionamento di una protesi a rinforzo della plastica. La protesi può essere semplicemente adagiata nel campo operatorio,allestito al fine di creare la cosiddetta Inguinal Box, oppure viene fissata alle strutture fasciali mediante svariati metodi di ancoraggio. Una volta posizionate, le protesi vengono integrate nei tessuti circostanti mediante una reazione fibrotica che gradualmente le incorpora in un tempo medio di circa 2-3 settimane; pertanto risulta fondamentale assicurare la protesi nella posizione più corretta ed evitare che questa possa dislocarsi nel corso del processo di integrazione.
Le linee guida internazionali non ritengono mandatorio il fissaggio della protesi nella chirurgia dell’ernia e la scelta di un eventuale metodo di ancoraggio è scelta del singolo chirurgo. Nonostante ciò, la maggioranza della comunità chirurgica tende a preferire l’utilizzo di presidi di fissaggio delle protesi soprattutto nella correzione di ernie inguinali di dimensioni maggiori ed soprattutto in laparoscopia.
Recentemente sono comparse sul mercato anche protesi “auto aggrappanti” (self gripping mesh-SGM) caratterizzate da piccoli uncini sulla superficie della rete, quindi simile al Velcro, che permettono una sorta di autoancoraggio della stessa ai tessuti limitrofi.
Il presidio di fissaggio ideale dovrebbe permettere di ancorare la protesi in maniera efficace in modo da evitarne la migrazione (con il conseguente rischio di una recidiva erniaria) ma al contempo evitare il danneggiamento dei tessuti circostanti e/o l’intrappolamento dei nervi locoregionali con conseguente dolore cronico.
Ad oggi non abbiamo un consenso unanime circa quale possa essere il mezzo di fissaggio migliore per la protesi. Come precedentemente ricordato la scelta viene effettuata in base all’esperienza del chirurgo operatore ed in base ai costi dei presidi a disposizione.
I mezzi di fissaggio
FILI DI SUTURA
Sono comunemente divisi in fili riassorbibili e non riassorbibili, ognuno caratterizzato da differente grado di tensione e di tempo di perdita di forza.
- Fili riassorbibili: hanno vari gradi di perdita di forza nel tempo con un range che varia tra minimo una settimana a massimo 4-5 settimane (PDS)
- Fili non riassorbibili: sono fili disegnati per mantenere la maggior parte della loro forza di tenuta nel tempo.
Studi randomizzati internazionali non sembrano mostrare una differenza statisticamente significativa tra i due tipi di sutura in termini di complicanze postoperatorie/recidive. I fili non riassorbibili sembrerebbero però avere un più alto tasso di dolore postoperatorio a causa del rischio di intrappolamento di fibre nervose nelle suture.
COLLE BIOLOGICHE
- Colle di fibrina: sono costituite da 4 componenti: fibrinogeno umano purificato, soluzione di aprotinina bovina, trombina umana e cloruro di calcio. Oltre al ruolo emostatico, il fibrinogeno garantisce proprietà adesive e di tenuta e favorendo la proliferazione dei fibroblasti. I componenti della colla vanno mischiati al momento dell’utilizzo per generare la miscela di fibrina polimerizzata attraverso la reazione coagulativa. Una volta applicata alla protesi, l’adesivo tissutale necessita circa 3 minuti per completare la sua reazione.
- Colle di cianoacrilato: sono colle sintetiche o ibride. Sono note per il loro effetto adesivo rapido ed efficace. Quando questi prodotti adesivi vengono in contatto con sangue o acqua contenuta nei tessuti, formano una patina opaca che va a ricoprire la protesi con effetto adesivo.
Attualmente non risulta evidenza scientifica che gli adesivi tissutali comportino un miglior mezzo di fissaggio delle protesi rispetto ai fili di sutura, pur avendone un costo significativamente più elevato.
TACKS
Sono state introdotte come mezzo di fissaggio per la chirurgia di parete laparoscopica alla fine degli anni ’80. Si dividono in due categorie: assorbibili e non riassorbibili.
- Tacks elicoidali di titanio: sono state concepite come “vite” di forma elicoidale e spessore di 3mm con capacità di penetrare in profondità per 3-4mm. Per essere posizionate correttamente le tacks devono essere distanziate di circa 1-1.5cm lungo la periferia della protesi.
- Tacks elicoidali non di titanio: sono fatte di materiale poliacetico modellato su base polimerica. Sono clips permanenti con una punta atraumatica.
- Tacks assorbibili: sono tacks costituite da polimeri o copolimeri di polilattide/glicolattide. La loro misura varia tra 6.4 e 6.7mm e si riassorbono in 12-16 mesi.
Le tacks appaiono un ottimo mezzo di fissaggio, facilmente applicabili. Nonostante ciò il loro utilizzo è associato a significativa morbidità; infatti possono causare intrappolamento di nervi e strutture vascolari. Inoltre un numero significativo di pazienti può sviluppare dolore cronico e aderenze postoperatorie. Attualmente l’evidenza scientifica sembrerebbe mostrare che le tacks riassorbibili sono connesse ad una minore infiammazione, un minor tasso di aderenze e ad una minore migrazione e pertanto le tacks al titanio non sono più raccomandabili.
Conclusione
Studi ormai consolidati hanno mostrato che nelle tecniche OPEN di correzione dell’ernia inguinale sia il fissaggio delle protesi con filo di sutura che con colle biologiche appare efficace e sicuro in termini di recidiva e di infezione di ferita ma gli adesivi tissutali sono meno frequentemente connessi a dolore postoperatorio cronico. Pertanto il fissaggio della protesi mediante colla è raccomandabile nella tecnica di Lichtenstein (e nelle tecniche open in generale) soprattutto in presenza di ernia diretta o indiretta minore di 3 cm (MII o LII, EHS classification).
In maniera simile, nelle tecniche LAPAROSCOPICHE, tacks e colla biologica possono essere utilizzate per il fissaggio della protesi mostrando tassi di recidiva simile. Anche qui il fissaggio tramite colla sembra correlato ad un minor tasso di dolore inguinale cronico.
In conclusione, studi internazionali randomizzati e recenti metanalisi hanno confermato che gli adesivi tissutali sono una valida alternativa alla sutura tradizionale con fili e all’applicazione di tacks. Nella scelta del mezzo di fissaggio da adottare dovrebbe quindi essere tenuta in considerazione la sempre maggior evidenza che l’utilizzo di colle biologiche permette di minimizzare il rischio di dolore cronico giustificando cosi il costo maggiore.