Intervista alla dott.ssa Patrizia Pistoni, fisioterapista CDI
L’acqua come strumento riabilitativo ha lo scopo principale di associare le proprietà fisiche dei liquidi ai principi neuromotori della riabilitazione, favorendo i processi di apprendimento e le possibilità di reclutamento di fibre motorie, il lavoro propriocettivo e di equilibrio in un unico armonioso processo che solo l’ambiente microgravitario e l’attento lavoro individualizzato del fisioterapista possono ottimizzare
Il mal di schiena: come può essere curato con l’acqua?
Le lombalgie sono la conseguenza di una verticalità errata, o di un imperfetto adattamento biomeccanico alla verticalizzazione del tronco e alla postura eretta. Le cause possono, ovviamente essere molteplici: fattori meccanici, processi degenerativi, posture scorrette. Obiettivi quindi del trattamento in acqua sono, in primis, la riduzione della sintomatologia dolorosa, quindi il rilassamento muscolare e l’allungamento delle catene muscolari associate; l’acqua inoltre aiuta a stimolare il sistema propriocettivo e ad assumere posture corrette.
Quali sono i vantaggi dell’acqua rispetto a un trattamento eseguito “a secco”?
Partiamo da molto lontano: già Archimede nel 250 a.C aveva scoperto, che la spinta idrostatica riduce del 97% il peso di ogni parte immersa. Uno scarico gravitario, quindi, che, non solo rende la colonna vertebrale meno compressa, e quindi meno dolente, ma di conseguenza permette di “lavorare” in modo più continuativo ed efficace. Ad avvantaggiare il trattamento in acqua, è anche la temperatura, sempre tra i 32°C e 34°C che crea un’azione miorilassante, vasodilatazione e una miglior ossigenazione dei tessuti favorendo il recupero muscolare. Produce inoltre un aumento della soglia del dolore.
Come si svolgono gli esercizi?
Gli esercizi svolti in acqua alta con l’ausilio di galleggianti hanno come obbiettivo lo scarico gravitario che favorisce la decoaptazione articolare, ovvero una trazione che allontana le ossa di un’articolazione. I muscoli allungati, resi elastici e le articolazione più libere permettono di ridurre il dolore riportando il corpo verso un movimento fisiologico e contribuendo ad una postura corretta fuori dall’acqua. Nell’esecuzione di determinate sequenze motorie in acqua, il paziente in assetto corretto, e se il caso lo richiede, con l’uso di adeguati ausili gonfiabili, riceverà informazioni propriocettive dalla forza della spinta idrostatica che svolge una azione dal basso verso l’altro. Questa spinta indurrà il paziente a modificare la percezione del suo schema corporeo alterato. La respirazione svolge poi un ruolo fondamentale in quanto il diaframma, principale muscolo inspiratorio, in presenza di una disfunzione può causare dei blocchi antalgici, di conseguenza condiziona la colonna e la sofferenza vertebrale provocando una riduzione della mobilità, aumentando i fenomeni compressivi e le tensioni a livello muscolare. Aiutando quindi il paziente a ritrovare una respirazione lenta, il fisioterapista può lavorare in massima distensione muscolare, con minor dolore.
Qual è il valore aggiunto del fisioterapista?
Il fisioterapista deve sempre monitorare che l’esercizio a cui il paziente si sottopone non debba mai superare la soglia del dolore e i limiti di tollerabilità. Il dolore è una difesa che può diminuire grazie all’esercizio specifico, all’azione in scarico gravitario e alla scelta di una temperatura d’acqua adeguata. Ma questa maggior libertà di movimento se non controllata, può creare rischi.