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L'acufene

Il “fischio” all’orecchio. Cos’è e come viene diagnosticata una patologia per cui ancora non esiste una cura definitiva
Intervista al dott. Werner Garavello, coordinatore Otorinolaringoiatria CDI

Il termine “acufene” o “tinnito”, più comunemente noto come “fischio all’orecchio” si riferisce alla percezione di un suono (fischio, ronzio, pulsazione o altro) in assenza di una sorgente sonora esterna.

Sulla base della sua durata si definisce persistente se insorto da più di sei mesi, o, al contrario, recente.

Può essere inoltre definito secondario se è dovuto ad una causa sottostante, che può essere una patologia a carico dell’orecchio (come ad esempio i tappi di cerume, l’otosclerosi, la malattia di Ménière, lo schwannoma vestibolare, il rumore cronico, etc.) o di altri distretti (anomalie vascolari, ipertensione endocranica, mioclonie); oppure primario se non è invece possibile identificare una patologia sottostante. L’acufene può essere percepito con un diverso grado di “fastidio”: lieve, moderato, grave.  Per alcune persone è debilitante in quanto può disturbare il sonno, la concentrazione ed essere associato ad instabilità emotiva, ansia e depressione.

Gli acufeni possono essere percepiti a diversa intensità sonora (forte, debole), diversa frequenza (acuti, gravi), localizzati ad uno o ad entrambe le orecchie o “nella testa”, talvolta vengono descritti come più suoni/rumori.

Infine, si definiscono acufeni oggettivi tutti quelli che sono causati da una fonte sonora posizionata in prossimità dell’orecchio, come ad esempio il circolo vascolare dell’orecchio (“acufene vascolare” o “pulsatile”), la tuba uditiva in caso di sua disfunzione, i muscoli dell’orecchio medio che possono andare incontro a contrazioni impreviste (mioclonie) e l’articolazione temporo-mandibolare, che, in caso di alterazioni, durante l’atto della masticazione può causare dei click udibili anche dall’esaminatore.

Oltre 3 milioni di italiani soffrono di acufene

Studi epidemiologici recenti riportano una prevalenza dell’acufene nella popolazione adulta italiana del 6.2%, se si considerano acufeni della durata maggiore di 3 mesi del 4.8% ma solo nell’1.2% gli acufeni sono così gravi da determinare un’alterazione della qualità di vita della persona. Ciò significa che più di 3 milioni di italiani soffrono di acufeni e per più di 600000 è un problema rilevante. Bisogna inoltre considerare che questi dati tendono ad essere sottostimati perché molti individui convivono con l’acufene senza che questo abbia un impatto sulla loro qualità di vita, e solo coloro che lo ritengono fastidioso cercano un parere medico.

I fattori di rischio

Gli acufeni colpiscono maggiormente i soggetti anziani, è stato calcolato infatti che gli acufeni aumentano all’aumentare dell’età. Nelle persone con età superiore ai 75 anni è circa quattro volte più probabile soffrirne.

Uomini e donne sono similarmente colpiti dagli acufeni sebbene le donne sembrano lamentarne una più importante gravità. Altri fattori associati all’insorgenza degli acufeni sono: i fattori di rischio cardiovascolari (ad esempio: l’obesità, il diabete mellito, l’ipertensione, la dislipidemia), i disturbi d’ansia, l’esposizione a rumore acuto o cronico e il basso livello socioeconomico.

L’importanza dell’anamnesi

Il paziente che soffre di acufene deve essere sottoposto ad accurata anamnesi, cioè deve essere interrogato riguardo le caratteristiche dell’acufene: la sua durata, se è monolaterale o bilaterale, se è costante o intermittente. Devono inoltre essere ricercati eventuali importanti sintomi associati come l’ipoacusia (sensazione di perdita dell’udito), le vertigini (capogiro), l’otalgia (dolore all’orecchio) o la presenza di secrezione dall’orecchio. Si deve anche verificare se ci sono condizioni che possono aumentare o diminuire l’intensità dell’acufene come la deglutizione o la posizione della testa. Infine, si deve indagare l’eventuale presenza di sintomi neurologici (come cefalea, deficit visivi, debolezza muscolare etc.) e valutare l’impatto dell’acufene sulla vita paziente. Occorre considerare infatti se l’acufene è sufficientemente fastidioso da provocare ansia significativa, depressione o insonnia.

Per lo studio dei fattori di rischio, cioè predisponenti l’insorgenza dell’acufene, si deve ricercare l’eventuale esposizione a rumori forti, variazione di pressione improvvisa (da immersioni o viaggio in aereo), storia di infezioni dell’orecchio o del sistema nervoso centrale, traumi, radioterapia alla testa. Infine, si deve accertare l’uso di farmaci, in particolare salicilati, aminoglicosidi o diuretici dell’ansa.

L’Esame obiettivo

L’esame obiettivo si focalizza sull’orecchio mediante l’esame otoscopico. Viene ispezionato l’orecchio esterno, il condotto uditivo ricercando cerume, secrezioni, corpi estranei; viene ispezionata la membrana timpanica cercando segni di infezione o lesioni tumorali (massa di colore rosso o bluastro). Inoltre, in presenza di vertigini o sintomi neurologici viene effettuata valutazione della funzione vestibolare e neurologica.

Gli esami strumentali

Il sintomo più frequentemente associato all’ acufene è l’ipoacusia che deve essere approfondita mediante esami audiologici:

  • esame audiometrico tonale,
  • audiometrico vocale
  • esame impedenzometrico.

Nel caso in cui sia necessario definire in modo più preciso, ma sempre correlato alle risposte del paziente, l’intensità e la frequenza dell’acufene, è possibile eseguire dei test acufenometrici. Nei pazienti con acufeni in particolare con perdita dell’udito monolaterali, si deve escludere una patologia retrococleare come il neurinoma dell’acustico (tumore benigno del nervo acustico) mediante l’esecuzione di Potenziali Evocati Uditivi e di Risonanza Magnetica (RM) con mezzo di contrasto (gadolinio). Altre indagini radiologiche dipendono dalla sintomatologia del paziente. I pazienti con evidenza visibile di tumore vascolare nell’orecchio medio richiedono TAC e RM con gadolinio. I pazienti con acufeni obiettivi, pulsanti richiedono ulteriori indagini sul sistema vascolare (Angio-TAC).

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