Un progetto di studio mira ad indagare per la prima volta il carico di emozioni che il professionista sanitario porta con sé durante una consulenza di genetica oncologica.
Si tratta di un project work, dal titolo “La medicina narrativa come strumento di formazione umanistica dei Professionisti della cura, del Laboratorio di Genetica Medica presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano” presentato dalla dott.ssa Elena Mandorino, psicologa CDI, al Master Interdipartimentale di I Livello in Medical Humanities e Narrazione in Medicina presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca.
Il lavoro è volto da un lato ad esplorare l’atmosfera emotiva del genetista in relazione-con la persona malata oncologica, dall’altro ad attuare interventi di umanizzazione del percorso assistenziale.
“Attualmente, nell’ambito della consulenza genetica oncologica (CGO), la letteratura scientifica riguardante la relazione clinico-paziente si concentra sul vissuto emotivo principalmente del paziente, ponendo quindi scarsa attenzione sull’esperienza emotiva dello specialista che pure è inserito nell’equazione della relazione di cura.
Il genetista è anzitutto una persona che, al di là del suo ruolo professionale, entra in relazione-con l’Altro malato oncologico, determinando inevitabilmente un coinvolgimento emotivo non sempre di facile gestione” dice Elena Mandorino.
Oggi sappiamo che buone capacità comunicative relazionali possono scongiurare un clima lavorativo di disagio, sul funzionamento dell’équipe di cura e sulla qualità di vita del paziente.
“Questo project-work, dunque, mira a porre attenzione sul coinvolgimento emotivo del clinico, nell’ambito della consulenza oncogenetica, al fine di rilevare i propri bisogni emotivi e aumentare l’autoconsapevolezza emotiva. In tale direzione, gli strumenti della medicina narrativa risultano essere un valido mezzo per cogliere i momenti salienti vissuti dagli specialisti e per rifigurare – attraverso la narrazione – ciò che accade nell’incontro con il malato oncologico durante la CGO. Quando il paziente incontra il medico, nella stanza non entra solo una malattia organica; s’incontra una persona che agisce e patisce”.
Tale intervento promuoverebbe un modo di stare in relazione-con il paziente caratterizzato dal prendersi cura, più che curare, grazie ad una umanizzazione dei rapporti sanitari centrati sui bisogni sia del genetista che del paziente, entrambi partecipi e responsabili della presa in carico. Questo management assistenziale tiene conto della centralità umana, la quale assume ancora tutta la sua importanza strategica nella cura della persona.