Con l’avanzare dell’età le funzioni cognitive subiscono un naturale e graduale declino fisiologico. La compromissione che solitamente provoca maggiore allarme e preoccupazione è quella a carico della memoria e dell’attenzione, in quanto dette funzioni cognitive sono di primaria importanza nello svolgimento delle attività della vita quotidiana e la loro compromissione può essere facilmente rilevata anche dalle persone circostanti, potendo creare quindi un notevole imbarazzo.
Si deve tuttavia tenere presente che dimenticare è un elemento essenziale per il mantenimento del nostro equilibrio psico-fisiologico, perché permette di eliminare i ricordi che non vengono acquisiti con attenzione e/o emozione e ci consente di ottimizzare le nostre funzioni mnesiche impedendone il fenomeno del “troppo pieno”. Capita a tutti, per esempio, di dimenticare il nome di un conoscente, di un attore, dove abbiamo posato un oggetto o cosa abbiamo fatto alcuni giorni prima, ma questo non vuol necessariamente dire che si ha un problema di memoria. Se si ha tempo a disposizione, solitamente si ricorda, seppur in un tempo più lungo di quanto atteso.
La memoria nelle persone anziane: quali i segnali di avviso
Le persone anziane hanno solitamente maggiore difficoltà a ricordare i fatti recenti e a mantenere l’attenzione. Si ricordano invece molto bene tutto ciò che attiene al passato, anche ciò che è avvenuto in giovane età. Per quanto riguarda l’attenzione, in situazioni di tensione emotiva la persona anziana ha maggiore difficoltà a mantenere la concentrazione e pertanto può accadere che il calo della memoria si manifesti maggiormente in quelle situazioni nelle quali l’anziano teme di non ricordare.
Alcune volte, tuttavia, queste dimenticanze diventano molto frequenti e possono rappresentare un vero e proprio segnale di avviso, che può preannunciare il sopraggiungere di malattie neurodegenerative legate alla vecchiaia. Con l’aiuto dei familiari bisogna pertanto prestare la massima attenzione ad alcuni comportamenti che possono aiutare a comprendere se sussistano elementi di preoccupazione, la reale natura della problematica e quando è il caso di procedere ad approfonditi esami diagnostici.
In condizioni fisiologiche vi sono dei fattori legati all’invecchiamento cerebrale che influiscono sul calo di memoria nelle persone anziane e in particolare la riduzione del flusso sanguigno cerebrale, con conseguente riduzione dell’ossigenazione cerebrale. Da qui l’importanza di mantenere uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata, che non favorisca l’insorgenza di una vasculopatia. E’ pertanto consigliato evitare cibi ricchi di grassi e ad alto indice glicemico, privilegiando verdure, cerali e pollame. La struttura maggiormente sensibile alla ridotta ossigenazione cerebrale è infatti l’ippocampo, indispensabile alla fissazione della traccia di memoria.
Calo di memoria, sintomo di altre patologie
Ci sono altresì malattie nelle quali il calo della memoria e dell’attenzione rappresenta spesso la sintomatologia iniziale di una patologia che può in seguito aggravarsi e interessare altre funzioni cognitive e motorie, fra queste le più comuni sono: 1) le demenze, fra cui la malattia di Alzheimer è la più frequente; 2) le vasculopatie cerebrali; 3) il Morbo di Parkinson; 4) la depressione.
In linea generale le persone che lamentano un calo della memoria dovrebbero rivolgersi a un neurologo quando detto deficit interferisce nello svolgimento delle attività quotidiane normali o si associa a difficoltà a concentrarsi, a depressione, a altri sintomi neurologici, quali ad esempio cefalea, disturbi del linguaggio, della vista, dell’equilibrio o altro.
Esiste una condizione clinica denominata “Declino Cognitivo Lieve”, caratterizzata da un peggioramento della funzione cognitiva della memoria e del pensiero, che non interferisce con le abilità funzionali e che consente una vita autonoma e indipendente. Per tale motivo viene spesso non diagnosticata, venendo interpretata come una condizione di fisiologico invecchiamento cerebrale. Questa condizione deve essere invece considerata con estrema attenzione, in quanto può costituire un fattore di rischio di evoluzione verso una forma di demenza. Nel sospetto di tale condizione è importante sottoporsi ad accertamenti medici specialistici, per escludere che questa condizione sia associabile ad una progressione verso la demenza o in caso contrario, per valutare la necessità di instaurare le terapie necessarie, che se iniziate tempestivamente, permettono di preservare più a lungo le funzioni cognitive.
La Memory Clinic del CDI
A questo scopo il Centro Diagnostico Italiano ha attivato nella sede di Saint Bon 20, il servizio di Memory Clinic, che coinvolge una serie di figure professionali dedicate e che ha la finalità di porre una diagnosi precoce ed accurata dei disturbi della memoria.
Il percorso diagnostico prevede
- visita neurologica;
- esecuzione di esami ematologici per l’individuazione di eventuali fattori di rischio genetico, infettivo, metabolico;
- batteria di test neuropsicologici per la valutazione delle funzioni cognitive;
- Risonanza magnetica nucleare dell’encefalo senza mezzo di contrasto. Quest’ultimo esame serve a definire l’entità e la natura dell’eventuale sofferenza encefalica ed è particolarmente utile nelle fasi iniziali di neurodegenerazione.
I dati acquisiti da queste valutazioni ed esami vengono integrati e successivamente analizzati con dei modelli predittivi sofisticati basati sull’Intelligenza Artificiale, che sono in grado di identificare regioni cerebrali che vengono ad essere coinvolte nei primissimi stadi di neurodegenerazione, quali ad esempio la corteccia entorinale. Dette regioni vengono statisticamente confrontate con quelle di soggetti di analoga età sani o con Declino Cognitivo Lieve associato a progressione verso la demenza, consentendo di aumentare la confidenza diagnostica e rappresentando un valido supporto diagnostico e prognostico*.