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Infortunio durante attività estranea alle mansioni: chi ne risponde? 

La Cassazione civile ribadisce che la colpa del datore di lavoro non può essere esclusa anche se il lavoratore si sia infortunato nello svolgimento di attività non rientranti nelle sue mansioni: spetta al datore di lavoro provare che la condotta del lavoratore sia stata abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute.

Il caso riguarda una domanda di risarcimento dei danni derivanti da un grave infortunio occorso a un operaio che, inserendo una mano nell’impianto di macinazione e stoccaggio del caffè, si era procurato un gravissimo trauma, con amputazione e perdita di parte delle dita. I giudici di merito avevano accertato che l’azienda non aveva consapevolezza della pericolosità della manovra né aveva adottato idonee misure di prevenzione e protezione per evitare il verificarsi dell’infortunio e, conseguentemente, avevano condannato la stessa a corrispondere al lavoratore la somma complessiva di € 398.563,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della sentenza e fino al saldo, nonché le spese dei due gradi di giudizio.

L’azienda ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, affermando, fra l’altro, che i giudici di merito avrebbero omesso di esaminare compiutamente la circostanza che la condotta tenuta dal lavoratore non rientrasse nelle mansioni allo stesso assegnate, e avrebbero quindi errato nell’applicazione dei principi in materia di rischio elettivo e di concorso del fatto colposo del lavoratore.

La Sezione Lavoro della Cassazione civile, con ordinanza n. 23826 del 4 agosto 2023, ha rigettato ilricorso proposto dall’azienda, ritenendo che «[…] la responsabilità esclusiva del lavoratore per c.d. “rischio elettivo” sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dellevento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere […]; […] il c.d. “rischio elettivo” è solo “quello che, estraneo e non attinente allattività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente”; si è perciò esclusa la configurabilità duna colpa a carico di lavoratori che non si siano attenuti alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche od alle direttive dei datori di lavoro, perché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore è lobbligo cui il datore è tenuto, in quanto il datore di lavoro ha il dovere di proteggere lincolumità del lavoratore nonostante la sua imprudenza o negligenza […]; da ultimo si è ribadito che, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro è responsabile anche dei danni ascrivibili a negligenza o imprudenza dei lavoratori o alla violazione, da parte degli stessi, di norme antinfortunistiche o di direttive, stante il dovere di proteggerne lincolumità anche in tali evenienze prevedibili, potendo ravvisarsi un concorso colposo della vittima nel solo caso in cui la stessa abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dellevento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere […]».

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