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Indebita velocizzazione degli interventi manutentivi a scapito della sicurezza: sanzionata la società ai sensi del D.Lgs. 231/2001

Il caso riguarda un infortunio occorso a un lavoratore a seguito dell’intasamento di una pressa di materiale plastico: l’operaio, senza indossare idonei guanti ad alta protezione termica, e senza attendere che la camera calda si raffreddasse, rimuoveva la plastica responsabile dell’ostruzione ma, durante tali operazioni, un getto di plastica liquida lo colpiva alla mano sinistra provocandogli un trauma alla stessa con ferite ed ustioni. Il Tribunale e, successivamente, la Corte d’Appello di Venezia hanno condannato la società, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, al pagamento di una sanzione di € 30.000 e al divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione per la durata di tre mesi, per l’adozione di un modello organizzativo insufficiente e per il vantaggio economico consistito sia nel risparmio di spesa derivante dal mancato acquisto dei guanti di protezione, che dal maggior guadagno determinato dalla velocizzazione degli interventi manutentivi effettuati senza attendere il raffreddamento del materiale plastico.

La società ha quindi proposto ricorso per cassazione contestando, fra l’altro, l’impossibilità di applicare le sanzioni previste dal D.Lgs. 231/2001 al caso in questione, data l’assenza di un concreto e dimostrabile interesse da parte della società all’adozione delle prassi lavorative insicure da parte dei lavoratori.

La Quarta Sezione della Cassazione Penale, con sentenza n. 13575 del 5 maggio 2020, ha però rigettato il ricorso, affermando che «in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il vantaggio di cui all’art. 5, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, operante quale criterio di imputazione oggettiva della responsabilità, può consistere anche nella velocizzazione degli interventi manutentivi che sia tale da incidere sui tempi di lavorazione […]. In linea con tale principio, conseguentemente all’affermazione della responsabilità dell’imputato, la Corte di appello ha logicamente confermato anche la condanna della [società] al pagamento di una sanzione amministrativa, la quale aveva risparmiato il danaro necessario all’acquisto di guanti di protezione, non aveva curato la formazione dei lavoratori mediante appositi corsi e si era avvantaggiata per l’imposizione di ritmi di lavoro, che prescindevano dalla messa in sicurezza della macchina, tramite il raffreddamento della stessa, prima dell’intervento riparatore, in tal modo conseguendo, a scapito della sicurezza dei lavoratori, un aumento della produttività».

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