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In caso di infortunio lo stato di ebbrezza del lavoratore non esclude la responsabilità del datore di lavoro

Lo stato di ebbrezza, anche ove provato, non basta per escludere la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio, trattandosi comunque di evento riconducibile all’area di rischio governata dal datore di lavoro. Questo è quanto afferma la Cassazione penale, ricordando che il fatto che il lavoratore possa trovarsi, in via contingente, in condizioni psico-fisiche tali da non renderlo idoneo a svolgere i compiti assegnati è evenienza prevedibile che, come tale, non esclude la responsabilità del datore di lavoro.

A seguito dell’infortunio mortale di un operaio, precipitato dal tetto di un capannone durante i lavori di rifacimento dello stesso, dopo aver sganciato dalla linea vita la sua imbracatura, il suo datore di lavoro e il legale rappresentante della ditta committente sono stati condannati per omicidio colposo. All’esito dell’istruttoria, infatti, era emerso come il legale rappresentante della ditta committente avesse violato gli obblighi di vigilanza sul cantiere e di coordinamento tra ditte, non avesse redatto il documento di valutazione dei rischi interferenziali e avesse omesso di verificare l’idoneità professionale e il POS della ditta appaltatrice. Al datore di lavoro dell’infortunato veniva invece addebitato di aver omesso di predisporre un documento di valutazione dei rischi connessi all’attività da realizzare e di accertare l’adeguatezza del POS, che risultava carente di ogni valutazione circa il rischio di caduta dall’alto; inoltre, risultavano inadeguati i dispositivi di sicurezza forniti agli operai e l’attività di formazione e di informazione degli stessi. D’altro canto, per quanto riguarda l’operaio, gli accertamenti tossicologici di laboratorio avevano accertato la presenza nel sangue del medesimo di un tasso alcolemico pari a 146,1 mg/dl, quindi di circa tre volte superiore alla misura consentita.

Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione sostenendo, fra l’altro, che l’infortunio sarebbe stato determinato dalla manovra abnorme ed ingiustificata di sganciamento dell’imbracatura, evidentemente influenzata dallo stato di ebbrezza del lavoratore.

La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 33567 del 13 settembre 2022, ha rigettato il ricorso, affermando che: «[…] benché non si conosca la ragione precisa per cui [l’infortunato] aveva sganciato la propria cintura di sicurezza dalla linea guida (presumibilmente per prendere uno strumento), è certo che ciò si spiega con l’esigenza di compiere un’attività che non si poteva svolgere rimanendo agganciati tenuto conto della lunghezza della corda che era rigida e non retrattile. Ebbene, in tale contesto da cui emerge la completa inadeguatezza del sistema di sicurezza approntato, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che la condotta dell’infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento in quanto la stessa è riconducibile all’area di rischio inerente all’attività dal medesimo svolta e ne costituisce anzi la concretizzazione. Del pari è stato correttamente valutato che lo stato di ebbrezza, anche ove provato, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro trattandosi comunque di evento riconducibile all’area di rischio governata dal datore di lavoro. Ed invero, in tema di infortuni sul lavoro, la circostanza che il lavoratore possa trovarsi, in via contingente, in condizioni psico-fisiche tali da non renderlo idoneo a svolgere i compiti assegnati è evenienza prevedibile, che come tale non elide il nesso causale tra la condotta antidoverosa del datore di lavoro e l’infortunio occorso. […]».

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