Intervista alla dott.sa Elena Piacentini, medico pediatra-allergologo consulente CDI
L’enuresi notturna è un disturbo, più che una malattia, e consiste nella perdita involontaria e completa di urina durante il sonno in un’età, quella generalmente compresa tra i 5 e i 6 anni in cui la maggior parte dei bambini dovrebbe avere ormai acquisito il controllo degli sfinteri.
L’enuresi è un disturbo frequente?
Abbastanza frequente: si stima intorno al 10-15% dei bambini a 6 anni e tende il più delle volte a risolversi spontaneamente. L’enuresi generalmente è più frequente tra i maschi.
Una caratteristica comune è di avere un sonno molto profondo. Spesso è ereditaria se infatti uno dei genitori è stato enuretico da bambino, il rischio che anche il figlio ne sia affetto aumenta
Quando si può parlare di enuresi?
Per potere parlare di enuresi il disturbo deve presentarsi con una certa frequenza e secondo alcuni autori è necessario un periodo di osservazione di almeno 2 settimane durante le quali il bimbo deve bagnare per almeno 3 volte a settimana il letto, secondo altri l’osservazione va protratta per 3 mesi con almeno 2 notti bagnate alla settimana.
Quante tpologie di enuresi esistono?
L’enuresi è distinta in:
Enuresi primaria: se il bimbo non ha mai acquisito il controllo notturno.
Le cause possono essere:
Ritardo di maturazione della vescica: in particolare viene imputata la ritardata maturazione dello sfintere vescicale, un piccolo muscolo che funziona da valvola della vescica e che impedisce alla pipì di fuoriuscire verso l’esterno. Questo controllo si acquisisce normalmente verso il quarto anno di vita.
Insufficiente controllo ormonale: nel cervello esiste una ghiandola, l’ipofisi, che produce diversi ormoni. Uno di questi è l’ADH, che agisce facendo sì che durante la notte venga prodotta circa la metà della quantità di urina che viene prodotta di giorno. In questi bambini si è notato un valore inizialmente basso del livello di questo ormone, che generalmente tenderà a normalizzarsi in ritardo rispetto agli altri bambini.
Queste due situazioni possono essere presenti e prevalere in misura variabile da bambino a bambino.
Enuresi secondaria: Ad esempio dopo particolari situazioni stressanti psicologicamente come ad esempio la separazione dei genitori, un lutto, la nascita di un fratellino, un impegno scolastico eccessivo…, dopo avere raggiunto il controllo della vescica per almeno 6 mesi,il bambino riprende a fare la pipì a letto.
Sintomatica: secondaria a una malattia ad esempio un’infezione urinaria o in casi più rari diabete mellito, epilessia ecc.
La terapia medica viene di solito intrapresa dopo i 7 anni perché frequentemente l’enuresi è un fenomeno che si risolve spontaneamente nella quasi totalità dei casi .
Gli interventi devono mirare ad accelerare la maturazione del controllo della vescica e/o a ridurre il volume totale di liquidi che arrivano alla vescica durante la notte.
Bisogna per quanto possibile garantire al bambino che ne soffre una vita sociale uguale a quella dei suoi coetanei comprese le gite e i soggiorni in casa di amici,e i disagi psicologici che inevitabilmente ne possono conseguire.
La terapia può essere di 2 tipi, farmacologica o comportamentale: sta al medico decidere quale sia più adatta al singolo paziente.
In casi selezionati si può ricorrere alla desmopressina DDAVP che è una sostanza simile all’ormone antidiuretico naturale ADH. Va somministrata in compresse, la sera.
La DDAVP permette di abbassare la produzione di urina da parte del rene e quindi di ridurre il rischio di perdita involontaria di pipì.
Fondamentale è che alla medicina si accompagni una ridotta o nulla assunzione di liquidi la sera e durante la notte.
La terapia comportamentale che si effettua sempre più raramente e in casi selezionati si basa su sistemi di allarme: in pratica quando il bimbo va a dormire viene collegato a un piccolo apparecchio a pila. Appena inizia l’emissione incontrollata di urina si ha l’attivazione di una suoneria che sveglia il bambino che può così completare la minzione in bagno. Si ha in tal modo un apprendimento graduale della continenza notturna. Fondamentale è in questo caso naturalmente la collaborazione del bambino.
Contrariamente a quanto si consigliava fino a poco tempo fa è stato dimostrato che svegliare di notte il bambino per farlo urinare non solo non serve a nulla ma può essere controproducente ed avere una valenza punitiva: meglio quindi mettere un pannolino.
Bisogna inoltre educare il bambino ad andare in bagno non appena sente il bisogno di fare pipì e spiegargli di svuotare completamente la vescica. Infatti spesso il bimbo pensa di avere esaurito la minzione rapidamente dopo la prima “spinta” ma bisogna invitarlo a non avere fretta e ad aspettare che tutta la pipì sia uscita.
Ricordiamoci che bambino non va mai sgridato: è dimostrato che il rimprovero aggrava la situazione, mentre un atteggiamento comprensivo la migliora.