Intervista a Riccardo Bocca, Fisioterapista, Consulente CDI
Il corretto posizionamento del ciclista sulla bicicletta ha da sempre suscitato dubbi e incertezze, inflazionato dalle case costruttrici, dagli esperti di biomeccanica o postura e dai preparatori atletici. La scienza ha prodotto scarse ricerche a riguardo fino agli anni 90, periodo in cui la sempre maggior diffusione delle due ruote e l’aumento delle performance nel mondo professionistico mobilitarono scienziati ed esperti a ricercare il posizionamento in sella che portasse all’aumento della prestazione atletica da un lato e la diminuzione degli infortuni dall’altro.
Quali sono le conseguenze di un errato assetto in bicicletta?
Una scorretta configurazione dell’assetto in bicicletta può condurre gli atleti a infortuni a carico degli arti inferiori e a una riduzione della performance sportiva.
Attualmente si conoscono gli effetti di un mal posizionamento in sella sulla performance sportiva in termini di consumo di ossigeno, forza applicata ai pedali e tempi di percorrenza, mentre si hanno pochi dati riguardo l’influenza che esso può avere sul rischio di infortunio.
Quando si parla di lesioni a carico dell’arto inferiore nel ciclista esse coinvolgono l’anca e più frequentemente il ginocchio: uno dei principali motivi riguarda la stretta relazione tra le forze a cui queste articolazioni vengono sottoposte e la dinamica del gesto.
Parametri biomeccanici adeguati: come determinarli?
I metodi più utilizzati per la determinazione dei parametri biomeccanici adeguati sono la misurazione della lunghezza dell’arto inferiore a partire dal grande trocantere del femore, la misurazione dell’angolo del ginocchio appoggiando i talloni sul pedale e la misurazione della distanza tra le tuberosità ischiatiche e il pavimento.
Solitamente durante il ciclo della pedalata si riporta un angolo di 45° di flessione di anca, 75° di flessione di ginocchio e 20° di flessione di caviglia (Faria IE, Cavanagh PR. The physiology and biomechanics of cycling. New York (NY): John Wiley, 1978)
Una variazione del 4-5% in più o in meno dell’altezza di sella ideale produrrebbe una riduzione del 25% del ROM (range of motion – arco di movimento di una articolazione) del ginocchio, con una variazione dal 25% al 51% negli angoli raggiunti dal ginocchio durante la pedalata, influenzando la lunghezza muscolare e la produzione di forza
Questi dati assumono un particolare significato se si considera che secondo diversi autori durante una pedalata a 157W e 80 rpm si sviluppa a livello dell’articolazione tra rotula e femore (in un’area compresa di circa 2,6 cm2) un carico di circa 153 kg. E’ facile quindi immaginare come i livelli di forza ed efficienza muscolare siano fortemente influenzati da un corretto posizionamento articolare. A supporto di tali considerazioni Sanderson e Amoroso (Sanderson DJ, Amoroso AT. The influence of seat height on the mechanical function of the triceps surae muscles during steady- rate cycling. J Electromyogr Kinesiol 2009; 19 (6): e465-71) hanno evidenziato un affaticamento significativo del muscolo soleo a seguito di un aumento dell’altezza della sella superiore del 5% rispetto al valore di riferimento. Questa alterazione biomeccanica condurrebbe nel tempo a una variazione dell’angolo di flessione della caviglia, con conseguente diminuzione della forza applicata al pedale, aumento del consumo di ossigeno e dei tempi di percorrenza (Ericson MO, Nisell R. Efficiency of pedal forces during ergometer cycling. Int J Sports Med 1988; 9 (2): 118-22).
Gli studi scientifici al riguardo, effettuati fino ad oggi, sono attendibili?
Quanto detto finora si basa su studi scientifici non recenti, che possiedono numerosi limiti, tra cui una disomogeneità tra i soggetti esaminati, sia atleti professionisti che amatori o sedentari, influenzando alcuni elementi come la posizione assunta sul mezzo durante le diverse fasi del gesto sportivo, dettati soprattutto dall’esperienza. Molti studi non riportano i dati sugli effetti della variazione dell’altezza della sella nel mezzo. Altri non adottano sistemi di misura standardizzati e riproducibili.
Sembra tuttavia che mantenendo un angolo di flessione del ginocchio intorno ai 25°-30° e uno scarto massimo del 5% nell’altezza della sella (maggiore o minore rispetto al valore di riferimento) si riduca sensibilmente il rischio di infortunio nell’arto inferiore a livello sia muscolare che articolare, diminuendo il consumo di ossigeno e migliorando i tempi di percorrenza. (Holmes JC, PruittAL, Whalen NJ. Lower extremity overuse in bicycling. Clin Sports Med 1994; 13 (1): 187-203)
Alla luce di quanto riportato sembra che la “formula magica” per trovare il corretto assetto in sella sia ancora lontana. Ciò che dovrebbe essere tenuto fortemente in considerazione sono il livello di attività del soggetto, la storia clinica (traumi neuro-muscolo-scheletrici) e la percezione corporea sul mezzo. Quest’ultima sembra essere attualmente la misura di outcome più efficace.