Secondo la Cassazione penale non è perseguibile penalmente il titolare di un’azienda che abbia rilasciato una dichiarazione di conformità relativa all’installazione di un impianto che, subito dopo il collaudo, abbia causato un incendio, a meno che il soggetto abbia la competenza professionale necessaria a verificare in prima persona tale conformità anche dal punto di vista tecnico, oltre che da quello documentale, o che abbia interferito nell’attività del tecnico preposto.
Il caso riguarda la condanna per incendio colposo (artt. 423 e 449 c.p.) del legale rappresentante di un’azienda di installazione e manutenzione di impianti di riscaldamento che aveva rilasciato una dichiarazione di conformità relativa all’installazione di un camino in ghisa che, subito dopo il collaudo, aveva causato un incendio.
Il titolare dell’azienda ha proposto ricorso per cassazione contro tale condanna, affermando, fra l’altro, che anche se l’abilitazione ai sensi della Legge 46/1990, prevede il possesso da parte dell’imprenditore di determinati requisiti tecnico-professionali, la stessa legge e il successivo D.M. 37/2008, ammettono che, quando l’imprenditore non sia in possesso di tali requisiti, possa nominare un responsabile tecnico che li possieda e, in tal caso, questi sia preposto all’esercizio di quelle attività.
La Quarta Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 17208 del 26 aprile 2023, ha accolto il ricorso affermando che «[…] il legislatore consente che il titolare di un’impresa autorizzata alla realizzazione di impianti di riscaldamento – soggetto tenuto alla sottoscrizione della dichiarazione di “conformità dell’impianto alla regola d’arte” – possa essere un soggetto privo delle necessarie competenze e stabilisce che, in questo caso, egli debba nominare un preposto conferendogli la qualifica di responsabile tecnico. Al preposto competono la redazione del progetto, con l’indicazione delle tipologie dei materiali utilizzati, e la verifica della funzionalità dell’impianto, documenti che devono essere allegati alla dichiarazione di conformità e ne costituiscono “parte integrante” (art. 7 D.M. n. 7 del 2008 e art. 9 L. n. 46/90). Quando la nomina del responsabile tecnico consegue all’inidoneità tecnico professionale del responsabile dell’impresa, questi non può essere chiamato a rispondere di errori che riguardano la progettazione dell’impianto o la sua realizzazione non essendo concretamente esigibile questo tipo di controllo da parte di chi non ne abbia le necessarie competenze. In questi casi, al titolare dell’impresa può essere ascritta una “culpa in eligendo”, per aver incaricato dell’esecuzione dei lavori maestranze non qualificate o per aver nominato un preposto privo dei necessari requisiti professionali; oppure una “culpa in vigilando”, per non aver verificato che i lavori siano stati eseguiti sotto la sorveglianza del responsabile tecnico, sulla base di un progetto da lui predisposto e con l’utilizzo di materiali dotati dei prescritti requisiti di sicurezza. La responsabilità del titolare dell’impresa non può essere desunta però dalla mera sottoscrizione della dichiarazione di conformità, salvo che il titolare dell’impresa risulti avere la competenza professionale necessaria a verificare in prima persona tale conformità anche dal punto di vista tecnico oltre che da quello documentale; oppure che risulti essersi ingerito in concreto nell’attività del tecnico preposto sostituendosi a lui o interferendo nelle sue scelte […]».