Secondo la Cassazione civile il datore di lavoro risponde dell’infortunio del preposto anche qualora quest’ultimo abbia agito senza attenersi al piano operativo di sicurezza, non essendo né imprevedibile né anomala una sua dimenticanza nell’adozione di tutte le cautele necessarie.
Il caso riguarda una richiesta di risarcimento dei danni a seguito dell’infortunio di un capo cantiere, colpito mortalmente da un parapetto nel corso di una sua manovra imprudente. La Corte d’appello ha rigettato le domande risarcitorie, accolte in primo grado dal Tribunale, poiché l’infortunato risultava essere sia capo squadra che preposto alla sicurezza di turno in cantiere e, in quanto tale, era venuto meno al dovere, correlato alla sua posizione di garante, di adottare e far adottare da parte degli operai a lui sottoposti le previste procedure di sicurezza: «la sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione non può ritenersi correlata ad una violazione degli obblighi gravanti sul datore di lavoro e sui suoi delegati, essendo stata, nella fattispecie, diretta conseguenza di un imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive rispetto a quelle previste nel piano operativo di sicurezza, come tale ricadente nella esclusiva sfera di responsabilità dello stesso preposto alla sicurezza».
La coniuge della vittima ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che la sentenza avesse erroneamente ritenuto che la vittima del sinistro potesse svolgere attività di preposto alla sicurezza anche rispetto alle attività lavorative da lui stesso compiute, dal momento che il preposto personalmente impegnato nell’esecuzione di lavori, che dovrebbero da lui essere solamente sorvegliati e diretti, perde il ruolo di soggetto garante e diventa oggetto della tutela antinfortunistica; inoltre, secondo la ricorrente, la Corte d’appello avrebbe scorrettamente ritenuto esente da colpa il datore di lavoro senza avere verificato che fossero state adottate tutte le misure necessarie ad assicurare la concreta attuazione del piano operativo di sicurezza.
La Terza Sezione della Cassazione civile, con sentenza n. 4980 del 16 febbraio 2023, ha accolto il ricorso affermando che: «[…] il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza; pertanto, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell’iter produttivo del danno imposta dal regime di subordinazione, va addebitata al datore di lavoro, il quale, con l’ordine di eseguire un’incombenza lavorativa pericolosa, determina l’unico efficiente fattore causale dell’evento dannoso […].[Può valutarsi] un concorso colposo della vittima nel solo caso in cui la stessa abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere […]. Si è perciò esclusa la configurabilità d’una colpa a carico di lavoratori che non si siano attenuti alle cautele imposte dalle norme antinfortunistiche o alle direttive dei datori di lavoro, perché proprio il vigilare sul rispetto di tali norme da parte del lavoratore costituisce l’oggetto dell’obbligo cui il datore è tenuto […], non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le cautele necessarie […]».