Uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Cardiovascular Development and Disease dai ricercatori del Centro Diagnostico Italiano, in collaborazione con l’Università degli studi “Federico II” di Napoli, mostra che il taurisolo contribuisce in maniera significativa all’integrità dei vasi sanguigni, riducendo il rischio di ostruzioni nel microcircolo periferico e migliorando la camminata dei pazienti diabetici con arteriopatia periferica.
Milano, 10 ottobre 2024 – Il taurisolo, una miscela di polifenoli estratta dalle vinacce dell’uva di Aglianico, migliora la qualità della vita dei pazienti diabetici affetti da arteriopatia periferica, una dolorosa patologia delle arterie che riduce l’afflusso di sangue agli arti e impedisce la normale deambulazione. È la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Cardiovascular Development and Diseasedai ricercatori del Centro Diagnostico Italiano, in collaborazione con l’Università degli studi di Napoli, “Federico II”.
Il taurisolo, un estratto ricco di catechine, procianidine mono-di e trimeriche, resveratrolo quercitina, ottenuto dalle vinacce di Aglianico, è noto per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Studi in vitro e sul modello animale ne hanno evidenziato la capacità di controllare vari fenomeni dovuti all’ipossia e allo stato ossidativo riducendo la TMAO (trimetilamina-N-ossido) a Tma (trimetilamina). La TMAO è una molecola ad azione infiammatoria derivante dalla metabolizzazione degli alimenti che rappresenta una minaccia per l’endotelio, il tessuto che costituisce i vasi sanguigni, data la sua capacità ossidante, in grado cioè di alterarne la struttura producendo danni funzionali anche irreversibili. LA TMAO si associa inoltre a un rischio aumentato di sviluppare aterosclerosi e altre malattie dei vasi, compressa la stessa arteriopatia periferica.
In questo studio il taurisolo è stato somministrato per sei mesi a 26 pazienti affetti da diabete come supplemento al trattamento con acido acetilsalicilico, la comune aspirina, e cilostazolo, usato per ridurre il dolore: il taurisolo ha mostrato di contribuire in maniera significativa all’integrità dei vasi sanguigni, riducendo il rischio di ostruzioni nel microcircolo periferico. I ricercatori hanno quindi misurato la distanza percorsa dai pazienti per valutarne la claudicazione intermittente, una forma di zoppia dovuta appunto al dolore causato dalla patologia vascolare. Già alla fine del trattamento, i soggetti diabetici che avevano ricevuto il taurisolo mostravano un aumento del 16% della distanza camminata rispetto al gruppo che aveva ricevuto solo un placebo. Il miglioramento della deambulazione si è mostrato stabile anche dopo tre mesi dalla fine del trattamento e si è accompagnato a una riduzione della concentrazione di TMAO nel sangue dei pazienti trattati che si è mantenuta anche dopo sei mesi dalla fine dello studio. Inoltre, chi aveva integrato il taurisolo ha riportato un generale miglioramento della qualità della salute fisica e mentale.
“L’uso del taurisolo in combinazione con le terapie esistenti apre a nuove prospettive per il trattamento dell’arteriopatia periferica che rappresenta una delle maggiori complicanze croniche del diabete e una sfida per la sanità mondiale, dati i suoi costi sia per la qualità di vita dei pazienti sia per i sistemi sanitari.” – spiega Fulvio Ferrara, direttore del dipartimento di medicina di laboratorio del Centro Diagnostico Italiano.
“Abbiamo introdotto il dosaggio di TMAO nel sangue tra gli esami per la valutazione del rischio cardiovascolare e nel follow-up dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari con il medesimo percorso seguito negli USA dalla Cleveland Clinic perché rappresenta un passaggio fondamentale nella valutazione corretta dell’indice di rischio di danni da accumulo di radicali liberi a livello anche del microcircolo. In questo studio è stato fondamentale nel valutare gli effetti della terapia in caso di patologia accertata ma è utile anche negli interventi preventivi volti a ridurne la concentrazione nei soggetti a rischio.” – afferma il professor Eugenio Caradonna, consulente del dipartimento di medicina di laboratorio di CDI e coordinatore dello studio.