Intervista alla dott.ssa Elena Mandorino, psicologa CDI
Convivere con il COVID-19 rappresenta per noi una grande sfida perché ci mette alla prova nel dover fronteggiare una minaccia multiforme (sociale, psicologica, economica, ecc.). La capacità, della nostra società, di affrontare e superare questo periodo di difficoltà dipende anche da come ognuno di noi affronta il suo stato emotivo e le sue paure.
È evidente che lo stress legato al cambiamento delle nostre abitudini (distanziamento sociale, utilizzo di mascherine e guanti, ecc.), la paura della solitudine in quarantena, del contagio e della morte sono molto diffusi. E forse questo è vero ora più che mai essendo oggi in una nuova fase, la cosiddetta fase 2, in cui siamo esposti a incontrare il mondo con una nuova presenza che potrebbe minacciare la nostra integrità e quella dei nostri cari. Convivere col virus.
Che tipo di paura potremmo provare?
L’esperienza di paura che possiamo provare in questa nuova fase è complessa (Schimmenti A. et al., 2020). Dal punto di vista psicologico, potremmo sperimentare:
- Paura del nostro corpo in quanto vulnerabile e, se malato, possibile fonte di pericolo di cui non ci si può fidare; si potrebbe diventare ipervigili e ipersensibili ad ogni minimo segnale corporeo (percepire un semplice colpo di tosse come sintomo). Paura per il nostro corpo, qui percepito non come minaccia ma come un qualcosa da proteggere e di cui prendersi cura.
- Paura delle persone care che, se prima erano fonte di sicurezza e protezione, ora possono essere una potenziale minaccia per la nostra salute; al contrario, potremmo avere paura per le persone care sperimentando noi stessi come potenzialmente pericolosi e contagiosi.
- Paura di sapere ossia la scelta di non sapere per non essere travolti dalle cattive notizie, alternata alla paura di non sapere abbastanza ossia al bisogno di conoscere e informarsi per una maggiore comprensione e senso di controllo.
- Paura di agire cioè ad esempio trovarsi in difficoltà nel decidere se visitare i propri genitori anziani con il rischio di infettarli, quindi sentirci combattuti tra il doverci prendere cura di loro e sentirci responsabili della loro sicurezza; tale paura si avvicenda con la paura per non agire e cioè di percepirsi o essere percepiti come persone passive.
Cosa può implicare tutto questo?
L’idea di convivere con il COVID-19 può darci la sensazione di essere stati lanciati in un mondo spaventoso, senza scampo. Possiamo sperimentare un senso di irrealtà e estraneità, confusione, tristezza, rabbia, ansia, alterazioni dell’umore, pensieri intrusivi e comportamenti compulsivi, sensazioni di mancato controllo, sentimenti di impotenza, senso di colpa, insonnia, atteggiamenti di magnificazione o minimizzazione del problema. È come se l’atmosfera fosse cambiata e la sintonia tra noi e il mondo sembrassero non risuonare insieme.
Soprattutto quando sperimentiamo la paura in tutte le sue contraddittorie sfaccettature sopradescritte, il rapporto con gli altri, con il mondo e con noi stessi assume un colore diverso. Le diverse sfumature emotive ci aprono e/o ci chiudono delle possibilità d’azione: possono influenzare la nostra capacità di agire attivamente e responsabilmente nel nuovo contesto in cui siamo inseriti oppure limitare la nostra esistenza e aumentare la vulnerabilità (ad esempio quando siamo agitati, la nostra percezione del rischio può̀ cambiare grandemente). Per questo è importante affrontare la nuova fase prendendoci cura delle nostre emozioni.
In che modo possiamo prenderci cura di noi stessi per affrontare tale emergenza?
L’arrivo del COVID-19 è stato un evento che ha colpito la collettività, creando una condizione di elevata emotività. Quando ci si sente minacciati, sviluppiamo un’ansia sana e funzionale a salvarci. È fondamentale quindi non negare i propri vissuti emotivi, ma riconoscerli e ricordarsi che è normale e che tutti noi possiamo avere diverse reazioni emotive in seguito ad un evento così inaspettato.
Si può tutelare il proprio equilibrio emotivo attraverso: una valutazione accurata dei segnali del proprio corpo al fine di scongiurare atteggiamenti di sopravvalutazione/sottovalutazione delle sensazioni corporee (ad esempio possono essere utili esercizi di rilassamento, meditazione e attività fisica), la condivisione delle proprie preoccupazioni con le persone di cui ci fidiamo e la limitazione dell’utilizzo delle fonti di informazione a un momento della giornata. Infine ricordiamoci che le nostre azioni possono influenzare positivamente la nostra vita e quella altrui: un atteggiamento positivo e responsabile, che segue le norme consigliate dal Ministero della Salute, aiuta a sentirci agenti morali attivi nel contribuire alla sicurezza di tutti noi.
Se la paura si trasforma in panico o ansia eccessiva tali da creare disagio, è importante chiedere aiuto ad un professionista. È possibile provare emozioni intense che perturbano la continuità della nostra esperienza quotidiana, assumendo caratteristiche estranee rispetto al proprio modo di essere. Gli psicologi conoscono questi temi e possono fornire aiuto in modo competente ponendo enfasi sulla narrativa emozionale, ossia sul modo – del singolo individuo – di cogliere e dare un senso agli eventi vissuti nel pieno dell’emergenza emotiva; a partire da quel modo peculiare di emozionarsi e di sentirsi, il lavoro terapeutico rende quell’esperienza emotiva estranea – fonte di malessere limitante e sofferenza – accessibile e integrabile all’interno di un contesto coerente con la propria storia personale di vita.