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Chiarimenti sulla certificazione dei contratti negli ambienti confinati o sospetti d’inquinamento  

Una nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro affronta il tema dell’obbligo della certificazione dei contratti del personale impiegato in regime di appalto o subappalto in ambienti confinati o sospetti di inquinamento.

Con la nota n. nota n. 694 del 24 gennaio 2024, avente ad oggetto “D.P.R. n. 177/2011 problematiche sui luoghi confinati e ambienti sospetti di inquinamento”, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti sull’obbligatorietà della certificazione dei contratti ai sensi del Titolo VIII, capo I, del D.Lgs. 276/2003 per il personale impiegato in regime di appalto o subappalto in ambienti confinati o sospetti di inquinamento.

Il D.P.R. 177/2011 ha dato attuazione all’art. 6, comma 8, del D.Lgs. 81/2008 e ha introdotto alcune disposizioni finalizzate a qualificare le imprese ed i lavoratori operanti in “in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo” (art. 1, comma 2). L’art. 2 del D.P.R. 177/2011 prevede che qualsiasi attività lavorativa, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, possa essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi che siano in possesso dei requisiti previsti dallo stesso articolo, che richiedono un’applicazione rigorosa e integrale delle norme di sicurezza in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria ed adozione delle misure di gestione delle emergenze. Tale obbligo vale anche per i lavoratori autonomi, soprattutto in termini di sorveglianza sanitaria.

Inoltre il comma 1, lett. c), dell’art. 2 del medesimo D.P.R. 177/2011 prevede, quale requisito obbligatorio, la “presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto”. La misura del 30% deve intendersi riferita al personale impiegato nella specifica attività, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda (vedi nota M.L.P.S. prot. n. 11649 del 27 giugno 2013).

La citata disposizione impone dunque alle imprese l‘obbligo di utilizzo di personale qualificato, stabilendone i requisiti minimi, cioè l’esperienza almeno triennale, e la tipologia contrattuale, la quale deve essere generalmente di tipo subordinato a tempo indeterminato. Qualora l’impresa decida di utilizzare personale con altre tipologie contrattuali, allora l’impresa dovrà procedere alla certificazione del contratto di lavoro ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. 276/2003.

Inoltre, nel caso in cui l’impiego del personale in questione avvenga in forza di un contratto di appalto, occorrerà certificare i relativi contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore – ancorché siano contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato – ma non certificare anche il contratto “commerciale” di appalto. Tali certificazioni, ovviamente, potranno essere utilizzate dall’appaltatore per tutta la durata dei rapporti di lavoro cui si riferiscono, a prescindere dalla circostanza che la certificazione sia stata effettuata in occasione di uno specifico appalto.

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