Alcune drammatiche previsioni indicano che nel 2050 l’antibiotico-resistenza potrebbe diventare la prima causa di morte al mondo, quindi “è tempo di agire”. Intervista alla dott.ssa Cristina Balzarotti, pneumologa CDI
Forse non tutti sanno che il primo antibiotico fu identificato da un italiano alla fine dell’Ottocento. Il primo ricercatore cui si deve questa scoperta è Vincenzo Tiberio, un ufficiale medico del Corpo Sanitario della Marina Militare. Nel 1895 descrisse il potere battericida di alcune muffe, studiando la loro interazione con alcuni tipi di batteri, come vibrione del colera e streptococchi. I risultati portarono a una scoperta sconvolgente: a contatto con queste colonie, la crescita di tali batteri veniva interrotta. Le muffe presentavano infatti proprietà cosiddette battericide.
Si deve però arrivare al 1928, quando Alexander Fleming, medico, biologo e farmacologo britannico, riesce a caratterizzare la penicillina dando ufficialmente il via alla nascita degli antibiotici. La scoperta fu del tutto fortuita: lo scienziato andò in vacanza e dimenticò una piastra di coltura batterica, dove per caso crebbe un fungo del genere Penicillum, con inibizione della crescita batterica: ecco la scoperta della penicillina. Purtroppo la fabbricazione di grandi quantitativi era difficile. Si dovettero infatti aspettare alcuni anni. Dopo quasi una decade i ricercatori Ernst Boris Chain e Howard Walter Florey riuscirono a dare inizio alla prima produzione su larga scala dell’antibiotico che nella Seconda Guerra mondiale salvò milioni di vite umane. La prima dose fu somministrata ad un poliziotto nel 1941 e nel 1943 la penicillina fu utilizzata in un ospedale militare.
Solo nel 1945 a Fleming e ai due ricercatori fu attribuito il premio Nobel per la medicina.
E a proposito della sua strabiliante scoperta, Sir Alexander Fleming dirà “E’ la penicillina che salva le vite degli uomini, ma è il vino che li rende felici” !!
Da allora la storia delle malattie infettive è radicalmente cambiata: la cura delle comuni patologie che in passato portava a morte, come polmoniti, infezioni cutanee, intestinali, febbri puerperali divennero trattabili.
E da allora molti antibiotici sono stati scoperti, riuscendo ad allargare lo spettro delle malattie curabili: si pensi a streptomicina e più recentemente a rifampicina, attive contro la tubercolosi.
Cos’è l’antibioticoresistenza: una previsione oltre il 30% entro il 2030
Purtroppo, dopo tanto entusiasmo e tanti successi terapeutici, oggi, nonostante la vasta disponibilità di molecole antibiotiche e la loro disponibilità, ci troviamo ad affrontare un grave problema: l’antibioticoresistenza, una “pandemia silenziosa”. Questo è un fenomeno per cui i batteri, per un meccanismo di “sopravvivenza”, diventano resistenti ai farmaci antibiotici normalmente impiegati per contrastarli e debellare le infezioni da essi causati. Il paragone è quello di “una lama che perde il filo per il troppo uso”.
In Italia le infezioni da batter resistenti, circa il 17% nel 2005, si prevede raggiungano il 32% nel 2030. Alcune drammatiche previsioni indicano che nel 2050 l’antibioticoresistenza potrebbe diventare la prima causa di morte al mondo, quindi “è tempo di agire”.
Malauguratamente al momento attuale non ci sono antibiotici nuovi, del tutto diversi da quelli già in uso, ma ovviamente la ricerca continua a lavorare.
Il problema è grave e complesso: coinvolge la salute umana, il benessere animale (per limitare uso degli antibiotici negli allevamenti) cui consegue la sicurezza degli alimenti, la salubrità dell’ambiente.
La resistenza di molti batteri agli antibiotici, soprattutto per germi diffusi in ambito ospedaliero che ovviamente colpiscono soggetti fragili, causa 11mila decessi l’anno Italia e 36mila in Europa (dati aprile 2021, V Forum Antimicrobico Resistenza). Questi vengono definiti “superbatteri”, ma ciò non indica nulla di buono, si riferisce alla inefficacia di moltissimi antibiotici nei loro confronti.
Pertanto esiste un “Piano Vaccinale di Contrasto all’antimicrobico Resistenza 2022-2025”.
Cosa fare?
Esistono provvedimenti emanati dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie:
- riduzione del consumo totale di antibiotici;
- uso di determinati gruppi di antibiotici a minore sviluppo di resistenze;
- sorveglianza di alcune infezioni da germi multiresistenti:
- prescrizioni appropriate e “ragionate” da parte di tutti medici.
Cosa fare anche a livello individuale?
Si raccomanda un uso personale consapevole degli antibiotici:
- evitare assolutamente l’autoprescrizione, non assumere farmaci avanzati da cicli precedenti, non ascoltare suggerimenti di amici;
- non assumere antibiotici per semplici raffreddori, mal di gola (quasi provocati da virus, su cui gli antibiotici non agiscono);
- assumere sempre con regolarità le dosi prescritte dal medico e per la durata consigliata, non
sospendendo ai primi segnali di miglioramento né prolungando se i sintomi non si risolvono; - segnalare sempre al medico se si sono già assunti antibiotico nei mesi precedenti o se si è stati ospedalizzati per qualsiasi motivo;
- riferire sempre con precisione eventuali allergie.
Le vaccinazioni
Una possibilità di affrontare il problema da una diversa prospettiva è una ampia diffusione delle vaccinazioni, soprattutto quella influenzale, che contrasta la malattia virale che spesso favorisce successive infezioni batteriche in particolare dell’apparato respiratorio, quella contro lo pneumococco.