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Ansia e disagio lavorativo: i segnali ai quali prestare attenzione

L’ansia è il costo dell’incertezza e del tempo futuro, ma è anche l’ostacolo prevalente al raggiungimento del giusto bilanciamento tra  lavoro e vita privata. Intervista al dott. Dario Capelli, Psicologo, psicoterapeuta, neuropsicologo CDI

La vigilia di un appuntamento, di una trasferta importante, la preparazione di una riunione decisiva, una scadenza che si avvicina: normali eventi che scandiscono la quotidianità di chi lavora, punti di svolta prevedibili e magari auspicabili, potremmo pensare, ma non per tutti.

C’è chi li affronta tranquillamente come voci “neutre” appuntate sull’agenda e c’è chi li vive in costante compagnia di un nemico infido quanto, purtroppo, infedele: l’ansia.  E c’è infine chi cade in preda al panico anche per eventi di routine, potenzialmente senza sorprese e con una adeguata preparazione personale.

L’ansia: quando è normale e quando va “oltre”

L’ansia è la preoccupazione legata a un evento futuro, a una situazione in cui ci si sente potenzialmente vulnerabili, minacciati o in pericolo; si tratta di un sentimento irrazionale perché l’evento non è ancora avvenuto e potrebbe addirittura non accadere. L’ansia è il costo dell’incertezza e del tempo futuro, ma è anche l’ostacolo prevalente al raggiungimento del giusto bilanciamento tra  lavoro e vita privata.

Un minimo livello di ansia è normale, si dice abitualmente, anzi, è indicato per mantenere la psiche in tensione o in vigile attenzione.

Ad esempio: se viaggiamo in condizioni stradali difficili scatta automaticamente dentro di noi un segnale d’allarme, che ci induce alla prudenza. La nostra attenzione si fa più acuta e le energie del nostro corpo vengono concentrate nello sforzo di non perdere il controllo. Passato il pericolo torniamo a una normale situazione di rilassamento.

In alcune persone il campanello d’allarme non cessa mai di suonare anche quando non esistono problemi reali immediati; questa sensazione di imminente pericolo richiama continuamente energie psichiche e fisiche impiegabili per far fronte a eventi negativi improbabili e può portare, a volte,  al loro esaurimento.

La reazione dell’individuo ai segnali d’ansia può essere consapevole oppure inconscia.

Se il controllo è conscio e consapevole l’ansia può essere considerata benigna, in quanto è possibile per il soggetto mettere in atto comportamenti e risorse tesi alla sua risoluzione; quando invece il controllo è inconscio e la situazione non viene gestita razionalmente si può incorrere in stati di sofferenza psichica e fisica apparentemente “senza oggetto”. E’ in questi ultimi casi che l’ansia si “autoalimenta e si moltiplica” espandendosi in senso negativo su campi ed argomenti diversi da quelli d’origine.

Quanto incide l’ambiente lavorativo sull’ansia

L’ambiente lavorativo, al pari di altri contesti di vita, può presentare fattori stressogeni che potenzialmente sono fonte di ansia e di preoccupazione:

  • mansioni troppo difficili, troppo facili, troppo ampie o troppo ridotte;
  • carichi lavorativi e responsabilità eccessivi;
  • aspettative personali “di crescita” frustrate;
  • difficoltà di rapporto con i colleghi e i superiori;
  • assenza o scarsità di riconoscimenti rispetto al proprio operato;
  • mancanza o insufficiente partecipazione nel processo decisionale.

Chi rimane intrappolato nel disagio si priva di soluzioni adeguate al problema e ciò può compromettere la propria stabilità personale e lavorativa.

In genere le persone ansiose comunicano un senso di insicurezza. Difficilmente riescono a promuovere il lavoro di gruppo e a gestire con equilibrio le responsabilità proprie e quelle degli altri.

Il giudizio esterno sembra essere sempre in agguato.

L’ansia può compromettere in modo particolare le “esibizioni pubbliche” cui una persona è chiamata (una “call”, un’intervista, un momento di verifica della propria operatività, una presentazione).

Nel momento decisivo, pur avendo una buona preparazione, manca il respiro, aumenta il battito cardiaco, il viso si arrossa, mentre si provano sudorazioni e tremori. L’esplodere di questi sintomi fa ulteriormente salire il livello di ansia, fino ad arrivare  al vero e proprio attacco di panico.

Gli effetti fisici dell’ansia

Tra i possibili effetti fisici dell’ansia può comparire:

  • un generale senso di stanchezza
  • debolezza alle gambe
  • formicolii alle mani e ai piedi
  • l’impressione di svenire da un momento all’altro.

L’ansia può comportare anche:

  • disturbi alla pressione arteriosa (ipertensione, ipotensione)
  • ronzii
  • visione offuscata
  • contrazioni muscolari
  • irrequietezza in corpo
  • mal di testa
  • difficoltà nella formazione delle parole e del pensiero, nella concentrazione e nella memoria.

Possono manifestarsi “sintomi neurovegetativi” quali:

  • bocca asciutta
  • nausea o problemi digestivi
  • difficoltà nel respiro
  • tachicardia
  • senso di “nodo alla gola” o di oppressione toracica
  • sudorazione elevata.   

La persona ansiosa, vivendo infatti in uno stato di eccessiva preoccupazione per il proprio futuro, avverte come insormontabili anche le piccole difficoltà, il valore di sé si riduce, mentre i compiti che vengono assegnati non generano entusiasmo, ma bloccano le energie vitali.

L’ansia “cattiva” produce sul piano psichico insonnia, frequenti risvegli soprattutto di primo mattino, mentre il sonno si popola di incubi. Le migliori risorse personali non sembrano più disponibili: prevalgono sentimenti pessimistici, irritabilità, dubbi, rimorsi, senso di inferiorità, estraneità, dipendenza, perdita di autostima.

Il ruolo dello psicologo

Quando l’ansia esce dai confini della normalità produce effetti limitanti ed è quindi importante prestare attenzione ai segnali premonitori della sua presenza, in modo da poter attivare un  aiuto psicologico competente, senza escludere, in prima battuta, una valutazione medica che escluda la natura organica dei disturbi.

E’ nostro compito, per quanto ci è possibile, imparare a leggere il “messaggio sottostante”ai primi segnali di disagio che la mente ed il corpo ci lanciano, in modo da sviluppare, con gradualità e realismo, una maggiore consapevolezza nel riconoscere le fonti del disagio, mettere in campo le opportune strategie cognitive ed emotive che consentano una ripartenza operativa e decidere  ciò che è bene per il nostro benessere, anche sul piano lavorativo.

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