Approfondimenti

L'intolleranza al lattosio

Nella maggior parte degli adulti di tutto il mondo, la riduzione dell’attività dell’enzima lattasi (responsabile della digestione, a livello intestinale, del lattosio, ossia lo zucchero presente nel latte) inizia tra i 2 ed i 3 anni e si completa tra i 5 ed i 10 anni d’età.

Un tempo si parlava di intolleranza al lattosio, in quanto questa condizione veniva considerata rara ed anormale, mentre oggi, essendo riconosciuta come la condizione più diffusa, si parla di “non-persistenza” della lattasi in contrapposizione al fenotipo “persistenza” frequente nei paesi dell’Europa del nord quali, soprattutto, Svezia e Danimarca.

La prevalenza del genotipo C/C (“non persistenza” della lattasi ) è solo del 15% in Germania, mentre nei paesi dell’area mediterranea arriva fino al 50%. In Italia il 30 % circa delle persone presentano il genotipo “non persistenza” della lattasi essendo omozigoti wild type (C/C), il 60% sono eterozigoti (T/C) mentre è raro (10%) il genotipo “tolleranza” (omozigoti T/T). 

Il difetto genetico consiste nella sostituzione di una timina (T) con una citosina (C) nella posizione -13910 della regione regolativa del gene della lattasi.

Se questa mutazione è presente allo stato omozigote (C/C) si ha una totale deficienza dell’enzima lattasi con conseguente impossibilità di digerire il lattosio e sintomi gastrointestinali quali flatulenza, meteorismo, crampi e diarrea, ma anche disturbi più difficili da interpretare quali capogiri, insonnia, irritazioni cutanee e, persino, secondo la recente letteratura, depressione.

In individui eterozigoti (T/C), la riduzione del 50% nel livello di attività della lattasi è normalmente sufficiente a garantire la digestione del lattosio (secondo alcuni autori, in condizioni particolari di stress o altro, anche gli eterozigoti hanno una certa tendenza a sviluppare intolleranza).

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