A cura della dott.ssa Roberta Daccò, responsabile servizio ginecologia CDI
L'importanza della diagnosi precoce
ll tumore della cervice uterina in Italia registra circa 3.500 nuovi casi e più di un migliaio di decessi all'anno; fino a poco tempo fa il principale mezzo con cui le donne potevano difendersi da questo tipo di cancro era unicamente sottoporsi a regolari controlli ginecologici con periodica esecuzione del Pap-test. L'esame, da quando è stato introdotto negli anni Cinquanta a oggi, ha permesso di ridurre di sei-sette volte l'incidenza del carcinoma della cervice uterina nei Paesi occidentali. Il fattore che negli ultimi anni ha rivoluzionato la diagnosi e la prognosi è stata la scoperta che nel 99,7% dei casi questo tumore sia causato da un’infezione da un virus HPV. Il virus del papilloma umano (HPV, dall'inglese Human Papilloma Virus) è in realtà una famiglia di virus a DNA che infettano le cellule epiteliali squamose, cioè le cellule che ricoprono la superficie della pelle e delle mucose, quali i tessuti di rivestimento di bocca, gola, cervice, vulva, vagina e ano.
Si conoscono oltre 120 tipi diversi di HPV, ma solo alcuni di essi, circa 13 tra i 40 che colpiscono le zone genitali, sono responsabili del tumore della cervice uterina e, pertanto, vengono chiamati ceppi ad alto rischio.
Nella maggior parte dei casi l'infezione causata da un virus HPV passa inosservata poiché non provoca effetti di rilievo e spesso si risolve senza che la paziente se ne sia accorta. Nel 70-90% dei casi il sistema immunitario dell'organismo riesce, infatti, a debellare il virus spontaneamente nell’arco di due anni. Quando però l'infezione da parte di un ceppo ad alto rischio persiste e non viene trattata, può dare origine, in un tempo stimato anche di cinque anni, a lesioni cellulari precancerose che possono guarire spontaneamente o, raramente, evolvere in un vero e proprio tumore, anche a distanza di vent'anni. Non vi è modo però di prevedere quali lesioni regrediranno da sole e quali invece no.
I ceppi di HPV responsabili del 70% di tutti i tumori della cervice uterina sono il 16 e il 18, quelli contro cui sono diretti entrambi i vaccini anti-HPV oggi utilizzati.
Le infezioni da HPV sono molto diffuse e sono le principali infezioni a trasmissione sessuale. Si stima che ben otto donne su 10, sessualmente attive, contraggano un virus HPV, di qualunque tipo, nel corso della loro vita e che circa il 50% di esse si infetti con un ceppo ad alto rischio. Per i ceppi che attaccano le zone genitali il contagio avviene tramite contatto fisico, in particolare durante i rapporti sessuali, L'uso del preservativo, spesso indicato per difendersi dalle malattie a trasmissione sessuale, in questo caso può ridurre il rischio di contagio, ma non protegge completamente dall'infezione in quanto ci si può infettare anche attraverso il contatto di regioni della pelle non coperte dal profilattico.
Questo tipo di infezione è estremamente insidiosa in quanto la maggioranza delle persone infette non se ne accorge, ma può comunque trasmettere il virus ad altri e avere un partner stabile da molto tempo non è garanzia di sicurezza contro l'infezione. Il contatto con il virus potrebbe essere avvenuto in una precedente relazione anche molti anni prima, senza manifestare alcun sintomo.
Tutte queste considerazioni fanno sì che la diagnosi precoce dell’infezione da HPV sia estremamente importante allorquando si riscontrino alterazioni anche lievi del Pap-test.
Tramite un semplice prelievo del muco e delle cellule del collo dell’utero si può eseguire la ricerca della presenza dei virus HPV cosiddetti ad alto rischio: la negatività o positività all’esame cambia in maniera sostanziale il tipo di screening successivo a cui la paziente si deve sottoporre e, di conseguenza, anche la prognosi.
Il test che si effettua oggi al CDI è in grado di individuare, in soli 60 minuti, la presenza del DNA del Papilloma Virus umano (HPV).