Secondo la Cassazione penale, per poter sostenere l’esistenza di un datore di lavoro “di fatto”, oltre a quello “formale”, che sia penalmente responsabile in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è necessario che venga dimostrato l’esercizio da parte sua dei poteri tipici del datore di lavoro.
Il caso riguarda la condanna di un datore di lavoro per aver omesso di valutare i rischi per i lavoratori, di provvedere alla loro formazione e di adottare tutte le necessarie cautele antinfortunistiche. La particolarità è che, insieme al datore di lavoro formalmente individuato dall’esame della documentazione aziendale, il Tribunale ha condannato anche, come datore di lavoro “di fatto”, una lavoratrice dipendente che, al momento dell’accesso degli ufficiali di polizia giudiziaria in ditta, aveva fornito loro le basilari informazioni sull’attività svolta, contestualmente consegnando i documenti aziendali nella sua disponibilità, e aveva provveduto a rintracciare telefonicamente il datore di lavoro “formale”.
La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, l’erronea attribuzione nei suoi confronti di una posizione di garanzia ai sensi dell’art. 299 del D.Lgs. 81/2008, in mancanza della prova dello svolgimento, da parte sua, di attività corrispondenti all’esercizio di poteri tipici del datore di lavoro, idonee a trasferire la posizione di garanzia dal datore di lavoro “formale” a quello “di fatto”.
La Terza Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 32123 del 7 agosto 2024, ha accolto il ricorso del presunto datore di lavoro “di fatto”, affermando che: « La sua qualifica di datore di lavoro di fatto viene desunta in sentenza dalla circostanza che la stessa, oltre ad essere presente a tutte le operazioni, è stata colei che ebbe a fornire tutta la documentazione sulla ditta agli ufficiali di polizia giudiziaria e a rintracciare il legale rappresentante formale. […] Dalla lettura della sentenza non emerge, tuttavia, che l’imputata abbia in concreto svolto attività corrispondente all’esercizio di poteri tipici del datore di lavoro, tali da consentire il trasferimento in capo alla stessa della posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro “formale”. Coglie nel segno la ricorrente laddove evidenzia che “la materiale disponibilità di documenti e la conoscenza di alcune informazioni circa l’impresa, in cui presta l’attività lavorativa in forza di un rapporto di lavoro subordinato, non la rende soggetto esercente effettivamente un ruolo gestionale, organizzativo o dirigenziale idoneo a renderla titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli altri operai, non essendo ciò sufficiente a dimostrare lo svolgimento in capo alla medesima di poteri tipici dei datore di lavoro”».