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Lavoratori autonomi: cosa fare per non rispondere dei loro infortuni

La professionalità del lavoratore autonomo, la sua formazione e la conformità dei macchinari alle vigenti norma in materia di salute e sicurezza sul lavoro devono essere oggetto di specifica valutazione da parte del committente prima dell’inizio dell’attività: è quanto afferma la Cassazione penale nella sentenza su un caso di infortunio mortale durante l’utilizzo, da parte di un lavoratore autonomo, di un macchinario del committente provvisto di certificazione di conformità.

Il caso riguarda la condanna di un’azienda al risarcimento del danno differenziale da malattia professionale in favore di un operaio, nei confronti del quale non erano state adottate le necessarie misure di prevenzione, tra cui la sorveglianza sanitaria, pur svolgendo egli attività comportanti scuotimenti e vibrazioni degli arti superiori, mani e polsi, nonché movimentazione manuale di carichi e posture coatte, con sforzo del rachide e delle ginocchia.

L’azienda ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, da un lato la mancata indicazione da parte del lavoratore di sue specifiche inadempienze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e dall’altro che anche l’eventuale adozione della sorveglianza sanitaria non avrebbe comunque consentito di evitare il danno.

La Sezione Lavoro della Cassazione civile, con ordinanza n. 13763 del 17 maggio 2024, ha rigettato il ricorso affermando che: «La Corte di merito [ha correttamente] ritenuto applicabili, alla fattispecie oggetto di causa, le disposizioni del d.P.R. n. 303/1956 e del D.Lgs. n. 626/1994 sull’obbligo di sorveglianza sanitaria, in base agli accertamenti eseguiti e alle prove raccolte sul concreto contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore. […] [Ciononostante, la società] aveva omesso, fino al 2007, la sorveglianza sanitaria e la valutazione dei rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi, al sovraccarico biomeccanico degli arti, alle vibrazioni meccaniche ed aveva altresì omesso di informare e formare i lavoratori, come prescritto dal decreto legislativo 626/1994 agli articoli 21 e 22 […]. […] Grava sul lavoratore l’onere di provare di aver subito un danno a causa dell’attività svolta, nonché il nesso di causalità tra l’uno e l’altra, mentre incombe sul datore l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie al fine di evitare il danno, ricomprendendosi in questa categoria anche quelle misure di sicurezza c.d. innominate, cioè non espressamente contemplate dalla legge, ma comunque fondate su conoscenze tecnico-scientifiche o su altre fonti analoghe.»

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