La Cassazione civile sottolinea che in tutti i casi spetta al datore di lavoro, l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all’attività, e non al lavoratore quello di dimostrare l’effettiva pericolosità del servizio richiesto in deroga ai regolamenti aziendali.
Il caso riguarda una sanzione disciplinare applicata a due ferrovieri per essersi rifiutati, pur avendone ricevuto ordine scritto, di condurre un treno adibito al trasporto merci con il modulo di “equipaggio misto”, cioè in assenza di un altro macchinista o agente abilitato alla guida, poiché ciò avrebbe costituito una violazione dei regolamenti aziendali vigenti con conseguente diminuzione del livello di sicurezza dell’attività. La sanzione disciplinare era stata annullata dal Tribunale, e la Corte d’appello avevo confermato l’annullamento.
Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che i ferrovieri non avessero in alcun modo dimostrato l’effettiva (e non soltanto percepita) pericolosità di un servizio ad “equipaggio misto”, modalità peraltro accettata, qualche mese dopo i fatti, anche dall’organizzazione sindacale di appartenenza dei lavoratori senza alcuna modifica o ulteriore misura di sicurezza.
La Sezione Lavoro della Cassazione civile, con sentenza n. 28353 del 15 ottobre 2021, ha respinto il ricorso affermando che: «per la giurisprudenza di questa Corte la violazione dell’obbligo di sicurezza legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo, ai sensi dell’art. 1460 cod. civ., l’altrui inadempimento […] nel solco di tale consolidato orientamento è stato altresì precisato che “In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, conservando, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore” (Cass. n. 6631/2015); […] infatti la protezione dei beni, anche di rilievo costituzionale, presidiati dall’art. 2087 cod. civ. postula […] anche l’esercizio del potere di autotutela contrattuale rappresentato dall’eccezione di inadempimento, con il rifiuto dell’esecuzione di una prestazione in ambiente nocivo soggetto al dominio dell’imprenditore […]; grava sul datore di lavoro, […] l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all’attività svolta e di avere adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarità dell’attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l’integrità del lavoratore».